Durante una recente conferenza della serie Disrupting Patterns Talk ospitata da Domus Academy, Matthew Wizinsky, Associate Professor of Practice in Urban Technology, ha offerto un’analisi metodica di come il design possa contribuire a ciò che lui definisce “world making”, ovvero la costruzione di mondi, al di là delle logiche capitaliste. Scopri di più!
Conosciuto per il suo progetto di lunga data Design After Capitalism, l’intervento di Wizinsky ha tracciato un percorso orientato al futuro, attraverso teoria, pedagogia e pratica.
In apertura, Wizinsky ha ripercorso il proprio percorso come designer professionista, illustrando la svolta che, nell’ultimo decennio, lo ha portato a integrare concetti provenienti dalla sociologia e dall’economia alternativa all’interno di strumenti di design applicato. Citando tra le sue influenze la sociologa Elizabeth Shove e l’economista Manfred Max-Neef, ha ridefinito il design non come disciplina di produzione di oggetti, bensì come pratica sociale. I suoi esempi hanno spaziato da mostre temporanee che hanno messo in luce storie attiviste, a installazioni musicali urbane, fino a progetti in realtà aumentata per visualizzare i cambiamenti climatici e futuri possibili della biodiversità.
Wizinsky ha sottolineato l’importanza di coinvolgere persone tradizionalmente escluse dal design—come ad esempio gli adolescenti del South Side di Chicago—nella costruzione speculativa di nuovi mondi. Questi modelli partecipativi riflettono la sua concezione del design non solo come disciplina applicata, ma anche come modalità di indagine e di emancipazione.
Ha poi collegato questa etica partecipativa a mutamenti culturali più ampi. Citando un sondaggio del 2016 secondo cui il 51% dei giovani americani si dichiara insoddisfatto del capitalismo, Wizinsky ha messo in evidenza quella che considera una “crisi dell’immaginazione“. Riprendendo il pensiero del teorico Frederick Pollock, ha avvertito che la perdita di visioni del futuro può essere segnale di un declino culturale. In questo contesto, Design After Capitalism si configura come un intervento sia pedagogico che politico: non solo una critica dei sistemi attuali, ma un’esplorazione di alternative praticabili.
Tra le difficoltà riscontrate nella sua attività didattica, ha evidenziato la fatica degli studenti nell’immaginare un design che si svincoli dalle logiche di mercato. Anche laddove esiste una critica al capitalismo, immaginare soluzioni alternative risulta complicato. Tuttavia, proponendo vincoli creativi a partire proprio dalla teorie di Manfred Max-Neef, sono emerse idee nuove: capi realizzati esclusivamente con tessuti recuperati, sistemi di arredo flessibili e giocattoli con funzione pedagogica. Esempi che suggeriscono futuri non basati sul consumo, ma su valori condivisi e pratiche rigenerative.
L’interesse di Wizinsky per la dimensione sociale del design è emerso con particolare forza quando ha illustrato tre “percorsi post-capitalisti”: il design per economie comunitarie, la produzione tra pari basata sui commons, e la soddisfazione dei bisogni locali attraverso reti distribuite. Attribuendo pari importanza alla teoria e alla prassi, ha citato esempi di tecnologie ecologiche peer-produced, condivise su piattaforme come YouTube e TikTok.
Tra le sue iniziative più concrete figura la Solarpunk Design Academy, una serie di workshop in cui i partecipanti costruiscono strumenti ecologici come sistemi idroponici e stufe a tiraggio naturale. Questi laboratori puntano non solo alla competenza tecnica, ma anche alla costruzione di significato—invitando i partecipanti a identificarsi con modi di vita più sostenibili.
Wizinsky ha concluso riflettendo sul proprio lavoro con studenti provenienti da ambiti non tradizionalmente legati al design—come le politiche urbane, la tecnologia o l’imprenditorialità. In questi contesti, ha sottolineato come il design possa fungere da metodologia connettiva, capace di integrare lavoro tecnico, civico e immaginativo. Sebbene questa direzione pedagogica sia ancora in fase iniziale, sostiene che le pratiche sociali rappresentino una base concettuale solida per un’educazione al design interdisciplinare.
La presentazione di Wizinsky non è stata un invito ai designer a “risolvere il capitalismo“, ma piuttosto un’esortazione a riconoscere dove e come stiano già prendendo forma futuri alternativi—e a considerare come il design possa contribuire a sostenerli.