Durante un appuntamento della serie Connecting the Dots di Domus Academy, Francesco Fistarol, ex studente del Master in Visual Brand Design, ha presentato un percorso professionale che riflette le esigenze in evoluzione dell’industria creativa contemporanea: adattabilità, ibridazione e profondamente sintonizzato con gli ecosistemi digitali.
L’intervento di Fistarol non ha seguito un arco narrativo tradizionale. Si è sviluppato invece come una sequenza di momenti vissuti, decisioni prese nel contesto e ambienti scelti non solo per supportare, ma per accelerare la crescita creativa.
La carriera di Francesco si è costruita all’intersezione tra design, contenuti ed imprenditorialità. Il suo intervento non aveva l’obiettivo di offrire una formula, ma di rendere visibile un metodo: un modo di pensare e muoversi che rispecchi il ritmo e la complessità del panorama freelance contemporaneo. Non ha separato le fasi del suo lavoro, le ha integrate—mostrando come consulenza, storytelling digitale, produzione video e costruzione di comunità operino non come reparti separati, ma come estensioni di una visione unificata.
Uno dei punti centrali dell’intervento è stato il ruolo della presenza digitale come infrastruttura professionale. Per Francesco, piattaforme come Instagram non sono semplici strumenti di distribuzione, ma spazi operativi dove posizionamento, contatto e dimostrazione di competenze avvengono in modo simultaneo. I contenuti non sono separati dalla consulenza, sono la consulenza stessa, espressa in forma visiva e continua.
Ha sottolineato come la visibilità non sia una conseguenza passiva del buon lavoro, ma una parte integrante del lavoro stesso. Chiarezza estetica, coerenza nella comunicazione e allineamento con il DNA del brand non sono opzionali, ma essenziali. Il messaggio per gli studenti era chiaro, anche se implicito: se un professionista non definisce la propria narrazione online, qualcun altro—o nessuno—lo farà al posto loro.
Francesco non si è affidato a consigli generici sul networking. Ha presentato un modello concreto di prossimità professionale—selezionando ambienti in cui la routine personale e le opportunità lavorative si potessero sovrapporre. L’esempio della sua iscrizione a una palestra selezionata di Milano è stato emblematico: scelta non per comodità o prezzo, ma per la presenza di figure con competenze affini nei mondi del design e dei media.
Non si è trattato di opportunismo, ma di un inserimento strategico. Per Francesco, l’accesso nasce dal contesto, non da un contatto a freddo. Il suo messaggio ha rafforzato l’importanza della presenza fisica in un’economia creativa che, pur essendo sempre più digitale, continua a basarsi su credibilità diretta e spazi condivisi.
La vita da freelance non è stata né idealizzata né drammatizzata. Francesco ha mostrato la complessità operativa della gestione di uno studio indipendente. Il lavoro creativo, per lui, non è scollegato dalla logica aziendale. Tempistiche di progetto, strategia di brand, comunicazione con i clienti ed esecuzione tecnica sono intrecciati. Il creativo è anche l’operatore.
L’indipendenza non è stata presentata come assenza di struttura, ma come la responsabilità di costruirne una. La sua quotidianità si basa sull’ownership, non sulla flessibilità. Il concetto di ruolo fisso—designer, direttore, strategist—lascia spazio a un approccio composito, in cui ogni incarico richiede competenze trasversali.
Per un pubblico composto in gran parte da studenti post-laurea, Francesco ha proposto un cambio di prospettiva netto. Lo sviluppo della carriera non è qualcosa che inizia dopo la formazione, ma qualcosa che può e dovrebbe iniziare in parallelo. Gli stage non sono stati descritti come semplici tappe curricolari, ma come strumenti diagnostici. L’obiettivo: capire quale tipo di contesto lavorativo si adatta meglio al proprio ritmo, più che accumulare nomi altisonanti sul CV.
Ha incoraggiato un approccio mirato nei contatti: capire a chi rivolgersi, come offrire valore, quale tono attiva una risposta. Un entusiasmo generico, ha suggerito, tende a perdersi. La specificità è un elemento distintivo.
L’intervento di Francesco non ha fornito istruzioni, ma ha fatto emergere una metodologia di visibilità coerente. Di scelta della prossimità rispetto alla distanza. Di integrazione tra decisioni personali e posizionamento professionale. La struttura della sua carriera—pur fluida—è caratterizzata da azioni precise.
In una sessione definita da spostamenti sottili più che da dichiarazioni forti, gli studenti hanno colto un messaggio chiaro: la carriera non si attende, si costruisce. Oggi le barriere tra discipline sono sempre più sottili, ma anche le soglie d’accesso lo sono. La vera sfida non è solo essere creativi, ma rimanere rilevanti, reattivi e ben posizionati. L’esempio di Francesco non ha semplificato questa sfida—ne ha reso visibile la forma.